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Terza parte

 

il luogo - prima parte
il luogo - seconda parte

 

ARCHITETTURA E ARTE NELLA CHIESA E NEL
CHIOSTRO DI S.GIOVANNI BATTISTA
DE’ GENOVESI IN ROMA

 
 
 

 
 
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La facciata della Chiesa, preceduta da un cancelletto in ferro battuto opera dell'artigiano Virgilio Tomaselli (1968) e divisa in due piani scanditi da paraste doriche; sopra la porta un'iscrizione ricorda che l'edificio, dedicato a S. Giovanni Battista, e costruito verso la fine del secolo XV da Meliaduce Cicala, fu restaurato nel 1864. La scritta è sovrastata da una lunetta che include lo stemma di Genova. Coronamento a timpano e campaniletto a vela.
Adiacente alla facciata, sulla sinistra, il fianco della cappella di S. Caterina, scandito da paraste, includenti tre finestre con cornici settecentesche, e, poco più arretrata l'ala dell'antico ospedale, che si stende su via Anicia, divisa in due piani da una cornice e restaurata a graffito intorno al 1920 circa; in essa al n. 12 si apre il portale di accesso (fine sec. XV) al Chiostro, sormontato da una finestra crociata in stile rinascimentale, nella quale la scritta ricorda l’antico Hospitium Genuensium.
Sulla sinistra è murato lo stemma tardo quattrocentesco di Meliaduce Cicala, proveniente forse dalla primitiva facciata della Chiesa.

L'interno, ampiamente restaurato nel XVIII secolo, è ad una navata con volta a botte, abside e tre altari.
Il pavimento fu rifatto nel 1895 a spese di alcuni benefattori; le pareti sono scandite da pilastri corinzi con due coretti a destra e a sinistra, mentre gli attuali dipinti sul soffitto (diviso a riquadri geometrici includenti, tranne quello centrale, vuoto, motivi vegetali e figurette di angeli, oltre agli stemmi di Genova e del Cicala alle due estremità della volta), sostituiscono gli affreschi di Michelangelo Cerruti, perduti durante i lavori del secolo scorso.
Sopra la porta d'ingresso, la cantoria ricostruita nel 1919 a spese del conte Ernesto Lombardo e l'organo donato nello stesso anno da Padre Antonio Piccardo da Voltri, entrambi ricordati in una lapide in sacrestia.

Nella nicchia subito a destra, che è chiusa da una balaustra in marmo, gruppo raffigurante l'Apparizione della Madonna della Guardia sul Monte Figogna, scolpito da F.Fantini nel 1914. L'opera è la copia dell'originale in marmo che si conserva nei Giardini Vaticani. Le corone sono state donate nel 1956. Sopra la nicchia la scritta ricorda Luigi Botto.
L'altare a destra dedicato a S. Giorgio, eseguito verso il 1876 da marmoraro romano Giulio Mazzino, su disegno di Luca Carimini, è costituito da due colonne di porfido rosso (provenienti, forse, dalla basilica di S. Paolo dopo l'incendio del 1823) sovrastate da un timpano.
La pala raffigurante S. Giorgio e il drago è opera del 1696 del pittore reatino Filippo Zucchetti (+1722).
Nel sottoquadro: Dormitio Virginis (sec. XVIII - XIX), dono dei fedeli di Montallegro.
Segue la nicchia con la scultura di S. Giovanni Battista, opera del 1918 di Antonio Canepa, donata alla chiesa dall'avv. Enrico Lorenzo Peirano.
A destra, prima dell’ambone,
il monumento funebre di Meliaduce Cicala, il fondatore dell'Ospedale, deceduto nel 1481. L'opera, attribuibile alla bottega di Andrea Bregno, è certo la più importante della Chiesa; originariamente collocata in fondo alla parete sinistra, fu sistemata nella sede attuale nel secolo scorso.

Nel catino absidale (ripartito in cinque spicchi) furono dipinti nel 1899 da Mario Spinetti: (da sinistra) S. Zaccaria, S. Giovanni Evangelista, S. Elisabetta (entro cinque medaglioni), intercalati alla Fede ed alla Carità. In basso coppie di angeli sorreggono cartigli con i nomi dei santi.
L'altare maggiore, già consacrato nel 1725 dall'arcivescovo di Patrasso Sinibaldo Doria, come ricorda un' epigrafe collocata nel Chiostro sopra la porta della sacrestia, disegnato dal Carimini ed eseguito dal marmoraro Giulio Mazzino nel 1876, è costituito da due colonne in porfido (provenienti, come le precedenti, da S. Paolo) sormontate da un timpano.
La pala, raffigurante il Battesimo di Cristo, è stata recentemente attribuita al pittore caravaggesco Nicola Regnier, che la dipinse prima del 1627.
Ai lati dell'altare il 26.6.1969 furono posti gli stemmi delle quattro province liguri, opera dell'artigiano Silvio Cigerza; gli angeli reggicandelabro sono della metà del sec. XVIII.

Sulla destra dell'abside edicola marmorea (donata alla Chiesa nel 1914 dal marchese Giuseppe Invrea) proveniente da un palazzo veneziano ove conteneva una statua della Madonna del Rosario, poi sostituita da una terracotta raffigurante il Bambin Gesù di Praga. Nel basamento dedica di suor Maria E.B. Labia del 19-8-1731.
Sulla sinistra dell'abside il tabernacolo per l'olio santo con lo stemma e le iniziali di Meliaduce Cicala, pregevolissima opera di bottega fiorentina attiva verso la fine del ‘400.
Sull'altare a sinistra : Apparizione della Madonna di Savona, opera di Giovanni Odazzi (1663 - 1731). Il dipinto, che fu collocato in Chiesa in seguito ai lavori del marchese Piccaluga, fu restaurato nella seconda metà dell'800, unitamente a quello sull'altare maggiore, dal pittore genovese Tommaso Oreggia; nel 1957 la figura della Vergine fu incoronata dal cardinale Pizzardo.

Sottoquadro con la copia (del 1925) del Sacro Cuore di Gesù del Batoni.
A sinistra dell’ingresso in Chiesa si trova la cappella di S. Caterina Fieschi Adorno, preceduta da una cancellata donata da Papa Benedetto XV, Giacomo Della Chiesa, governatore ecclesiastico della Confraternita dal 1893 al 1903, come ricorda una lapide posta sopra il portale di uscita dalla Chiesa verso il Chiostro.
La cappella fu eretta negli anni 1728 - 1740 a spese e su disegno del marchese Giovan Battista Piccaluga, la cui famiglia ne mantenne fino al 23.8.1789 il patronato, che passò in seguito ai marchesi Piuma, i quali vi rinunciarono nel 1827, non potendo sostenere l'onere dei lavori di restauro che si rendevano necessari. Il piccolo armonioso ambiente, nel quale si aprono due finestre e quattro porte (da una delle quali si passa nell'Oratorio), è decorato lungo le pareti da un motivo di panneggi, restaurato a inizio degli anni 2000 dalla Soprintendenza dei beni culturali e architettonici di Roma. Il ciborio, del secolo XVII potrebbe provenire dall'altare maggiore. Sull'altare: Transito di S. Caterina; nella volta: Gloria di S. Caterina e ai lati due riquadri a monocromo grigio con episodi della vita della Santa e quattro ovali a monocromo verde con le Virtù Cardinali.
Tuti i dipinti sono opera di Odoardo Vicinelli (1681 - 1755).
Tre epigrafi sulla parete d'ingresso ricordano: la prima (1738) la celebrazione di una messa perpetua in suffragio del marchese Piccaluga; la seconda (1766) il duca Enrico Giuseppe Grillo dell'Anguillara, tumulato nel sotterraneo della Chiesa; la terza (1803) il benefattore Angelo Antonio Bottelli.

All' esterno della cappella, sulla sinistra, due frammenti della balaustra dell'altare maggiore risalente al sec. XVIII, smontati nel secolo scorso.
Si torna nell'abside ove, per le due porte ai lati dell'altare maggiore si può passare nella sacrestia; ivi si conservano numerosi ritratti dei sec. XVIII - XIX di governatori e cardinali protettori della Confraternita; un Crocifisso del XVIII secolo; un dipinto col Battesimo di Cristo, attribuito a Michelangelo Cerruti 1721, restaurato nel 1899 dal pittore Giuseppe Canevelli entro cornice donata da Benedetto XV, e la già ricordata epigrafe di Ernesto Lombardo.

 
 
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Si passa quindi da una porta laterale (all'esterno della quale si trova la lapide sopramenzionata relativa alla consacrazione dell'altare maggiore), nello splendido Chiostro di Baccio Pontelli (secondo il Vasari), uno dei più belli a Roma, della seconda metà del secolo XV. E' a doppio ordine di colonne ottagone in travertino, ad archi nel primo ordine, architravate nel secondo.
Sulla quinta colonna a destra dell'ingresso è graffita un'epigrafe che ricorda una palma piantata nel Chiostro nel 1588 dal savonese P.A. Lanza, la prima palma piantata a Roma; una seconda scritta su un'altra colonna (nell'angolo del Chiostro verso l'ingresso della strada) ricorda la demolizione, avvenuta nel 1785, del controrecinto che, come in quello di S.Giovanni Decollato, fungeva da camposanto.
Il cortile, anticamente lastricato per le operazioni di movimentazione dell’Ospedale, nel XVIII secolo fu trasformato in un bellissimo silenzioso giardino, con alberi di melangoli, siepi di mirto, piante di acanto, al centro del quale c'è un pozzo in pietra, della fine del sec. XV, fiancheggiato da due colonne ioniche sostenenti una trabeazione alla quale è attaccata la carrucola.

Nel Chiostro sono disseminati alcuni elementi architettonici provenienti dalla chiesa antica: quattro capitelli della prima metà del sec. XVII (murati in una delle pareti); due fiamme in travertino del sec. XVII e due mensoloni del sec. XVIII che stavano probabilmente sulla facciata primitiva; una colonnina tortile medioevale, un frammento di balaustra, un grosso stemma della famiglia Piccaluga, ecc.
Si passa quindi nell'Oratorio, ubicato dietro la cappella di S. Caterina. Un'iscrizione sopra la porta d'ingresso ricorda i lavori di restauro del 1975, che hanno consentito di restituire all'ambiente, almeno in parte, il suo aspetto originario e hanno messo in luce gli affreschi lungo le pareti, che furono probabilmente ricoperti nel '700. A quell'epoca sembrerebbero essere state aperte le quattro finestre che illuminano il vano.

L'Oratorio, nel quale si riunivano i Confratelli per le loro adunanze, per la preparazione delle processioni e per le preghiere quotidiane, sembra risalire nel suo primitivo impianto alla fine del sec. XVI. E' diviso in due parti da un arco a tutto sesto (con data del 1603) impostato su due pilastrini con decorazione in stucco e tracce di dipinti nel sottarco (rimangono due angeli, due cherubini, e la colomba dello Spirito Santo). Sulle due parti dell'architrave si conservano i nomi e gli stemmi dei committenti. A sinistra: Giovanni Capponi /A.D. 1603 fieri; a destra: Tomaso Serrati Savonese; sul pilastrino di sinistra Sancte Dominice / ora; su quello di destra Sancte / Francisce / ora. Nella parte anteriore dell'arco sono affrescati: Il Battesimo di Gesù (con in basso il committente ) e S. Giorgio. Questa parte della decorazione potrebbe essere opera di Giovanni Sanna, ricordato nei documenti conservati nell’archivio storico della Confraternita.

Il bel soffitto seicentesco è a piccoli cassettoncini, alcuni dei quali ornati di stemmi, altri di minuti disegni che si ripetono sulle travature; in precedenza era ricoperto da un controsoffitto in tela dipinta, opportunamente rimosso.
Lungo le pareti sono raffigurate storie della vita della Vergine e, dietro l'arco, del Battista.
Le prime sono inquadrate da una cornice a ovoli e dentelli con festoni di frutta, drappeggi rossi e azzurri e teste di angeli fiancheggiate da stemmi oramai quasi tutti scomparsi. In alto i cartigli con le iscrizioni (pure quasi svaniti) illustravano il senso delle scene.
Nella parete di fondo: Ultima cena, di iconografia leonardesca. Parete destra (dal fondo); scena al Tempio; Natività di Maria; scena frammentaria (Incoronazione?); parete sinistra (dall'arco): scena frammentaria (Natività di Gesù?); Morte della Vergine; scena frammentaria (Assunzione?). In fondo a sinistra un grazioso lavabo settecentesco. Le lunette con le storie del Battista nel vano dietro l'arco (l'ultima è frammentaria) raffigurano: 1) la Nascita; 2) la Predica alle turbe; 3) l'Imposizione del nome; 4) il Battista in prigione; 5) la Decollazione.