Alla
Confraternita, che aveva tra i suoi scopi anche quello della
beneficenza e del culto, il Senato della Repubblica di Genova
concesse, il 1° marzo 1559, il diritto di consolato, che le
consentiva di esigere 60 baiocchi dai capitani di barca battenti
bandiera genovese che attraccavano al vicino approdo di Ripa Grande.
Da quello stesso anno i governatori rappresentavano ufficialmente a
Roma la Repubblica che, a partire dal 13 luglio 1576 concedeva alla
Confraternita anche il diritto di esigere 25 scudi dalla posta della
città.
La missione della
Confraternita nell’amministrazione dell’Ospedale proseguì fiorente
nel corso de XVI e del XVII secolo, potendo l’istituzione
ospedaliera mettere a disposizione sino a 160 posti letto. Ad essa
Papa Gregorio XIII con breve del 13 aprile 1576 concesse il diritto
di liberare, nel giorno della festa di S. Giovanni Battista (il 24
giugno) un condannato a morte genovese. Il privilegio fu confermato
da Papa Gregorio XV il 21 giugno 1621, ed esteso in favore di
condannati di qualsiasi nazione.
Il 10 luglio 1576, per consentire alla Confraternita di aumentare
gli introiti, il cardinale vicario Giacomo Savelli le concesse
diritto di questa in Roma e nel suo distretto.
Sempre nel 1576 fu istituita nella Chiesa la prima cappellania (di
cui fu titolare Giovanni dell'Elba, maestro della Posta di Genova) e
fu redatto lo Statuto della Confraternita, nel quale venivano
indicate le ragioni dell' istituzione (in particolare l'attività
ospedaliera e, a partire dal 1580, il sussidio dotale che sarà
introdotto da un lascito del nobile Giacomo Riccobono); le modalità
per divenire confratelli (l'essere genovesi o "del dominio di
terraferma e delle isole", e avere la residenza a Roma); gli
obblighi da essa derivanti; le cariche e gli organi della
Confraternita.
La più alta
autorità in seno alla Confraternita era quella del cardinale
protettore (figura abolita da Papa Paolo VI), al quale erano
immediatamente sottoposti i due governatori: quello ecclesiastico e
quello secolare, che detenevano in un certo senso il "potere
esecutivo" ed esercitavano, fra l'altro, il già ricordato diritto di
consolato e il camerlengo, con competenze prevalentemente
amministrative, ampliate nella riforma dello statuto del 1727, che
gli conferì la rappresentanza legale della Confraternita; un
segretario (generalmente un notaio); due consiglieri aventi funzioni
consultive e di assistenza per i governatori; un priore ed un
vicario per gli affari di culto; quattro massari che avevano cura
degli arredi sacri e dei sacchi bianchi (cioè la divisa della
Confraternita); quattro coristi con l'obbligo di sorvegliare il
regolare svolgimento delle funzioni e la condotta dei confratelli;
sette visitatori degli infermi per l'Ospedale ed un cappellano per
l'assistenza spirituale: due maestri dei novizi per indirizzare ed
istruire i nuovi membri della compagnia.
Tutte queste
persone prestavano la loro opera senza compenso, a differenza dei
salariati: l'ospitaliero, lo speziale, il cappellano, il procuratore
(che rappresentava la Confraternita e l'ospedale in giudizio), il
mandatario (che convocava per l'ordine dell'ospitaliero o di altri
ministri le congregazioni), i quali percepivano una retribuzione per
le loro attività.
Gli Organi fondamentali della Confraternita erano: la congregazione
generale (convocata una volta al mese, a carattere assembleare, i
cui decreti erano vincolanti), e la congregazione segreta (pure
convocata una volta al mese), per deliberare su questioni di
ordinaria amministrazione.
A
seguito della legge del 20-7-1890, che sopprimeva tutte le
Confraternite, questa dei Genovesi con R.D.11-12-1890 venne
trasformata in Opera pia e lo Statuto, già modificato nel 1727, fu
nuovamente riformato nella congregazione generale del 21 marzo 1909
ed approvato con R.D. del 21 ottobre dello stesso anno ed è tuttora
in vigore.
Fra le iniziative
di carattere propriamente sociale della Confraternita, meritano
speciale menzione i lasciti per le doti di maritaggio in favore di
giovanette genovesi (almeno di origine), rispondenti a particolari
requisiti di bisogno e di moralità: si ricordano (oltre a quello del
Riccobono, già citato), i lasciti della famiglia nobile genovese
Giovan Battista Chiesa (1591); del marchese Vincenzo Giustiniani
(1631); della marchesa Girolama Pallavicini Montoro (1642); del
marchese Prospero Costaguti, poi devoluti, a norma del D.L.L. del
13-6-1915, n. 873 al Comitato Provinciale Orfani di guerra.
La concessione
delle doti maritali avveniva con una procedura molto articolata, che
prevedeva il controllo sia prima che dopo il matrimonio delle
ragazze che ne avevano beneficiato.
L’appartenenza
alla Confraternita comportava, oltre ai vantaggi ai quali si è fatto
cenno (ed ai quali si può aggiungere l'indulgenza plenaria concessa
ai Confratelli con breve del 25 settembre 1727, il giorno del loro
ingresso nel sodalizio ed in articulo mortis, se avessero visitato
la Chiesa nei giorni della festa del Battista e di S.Giorgio), anche
oneri finanziari per gli iscritti che, all'occasione, contribuivano
alle spese per i necessari lavori di restauro ed abbellimento del
complesso.
Nella seconda metà del 1500 gli
amministratori della Confraternita fecero costruire l'Oratorio,
mentre la Chiesa, che dopo la chiusura dell'Ospedale rischiò di
essere abbandonata, nel sec. XVIII fu interamente restaurata ed
ampliata una prima volta dal marchese Giovan Battista Piccaluga
(appaltatore della gabella del sale), che rivestiva la carica di
governatore, sotto la direzione del cardinale Giovan Battista
Spinola. In quell'occasione fu ingrandito il presbiterio con
l'aggiunta dell'abside, fu ornata la volta, eretta la nuova facciata
ed il campanile e costruita interamente la cappella di S. Caterina.
La Chiesa fu poi quasi completamente riedificata, a seguito di un
incendio, una seconda volta fra il 1843 ed il 1876, sotto la
direzione dell'architetto Francesco Cellini, e nuovamente abbellita
e restaurata nella seconda parte del 1900 e a inizio anni 2000.
Tutti i diritti e i privilegi
concessi alla Confraternita dalla Repubblica di Genova si estinsero
nel 1797 con la caduta della Repubblica e da allora cessò
definitivamente ogni residua forma di esistenza dell’Ospedale, con
la rescissione anche del contratto di affitto di 12 posti letto
stipulato con l'Ospedale dei Fatebenefratelli il 18 luglio 1704, che
aveva consentito di continuare, per quasi un secolo, a prestare cure
sanitarie agli assistiti dalla Confraternita, quando il mantenimento
della struttura ospedaliera in gestione diretta era divenuto troppo
oneroso.
Da allora la Confraternita si è
dedicata prevalentemente al mantenimento del culto religioso nella
comunità dei Confratelli, all’amministrazione del complesso
immobiliare della Fondazione Meliaduce Cicala, da cui traeva e trae
tuttora le risorse per le manutenzioni e per assicurare una minima
assistenza materiale alle persone di origini genovesi e liguri
residenti a Roma e in stato di povertà, come previsto dallo Statuto
riformato nel 1909.
segue seconda parte
ARCHITETTURA E ARTE NELLA CHIESA E NEL
CHIOSTRO DI S.GIOVANNI BATTISTA
DE’ GENOVESI IN ROMA
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