In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza
e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro
venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo
diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così
anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è
vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto
questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non
passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli
nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
COMMENTO
Camminiamo verso la fine dell’anno liturgico e la liturgia offre
alla nostra considerazione il discorso escatologico di Gesù, cioè il
discorso sulle realtà ultime e definitive. Esso è difficile a
comprendersi: vi si intrecciano due avvenimenti: la distruzione di
Gerusalemme e del tempio e il ritorno di Gesù come giudice universale.
Questi due eventi sono descritti tramite immagini, simboli apocalittici,
ripresi dagli scritti profetici, ben conosciuti ai tempi di Gesù.
Pertanto l’enumerazione degli sconvolgimenti nel sole, nella luna, nelle
stelle, nelle forze dei cieli non è da intendersi come una successione
di segni precursori della fine del mondo e della venuta del Figlio
dell’uomo. Gesù vuole parlarci soltanto dell’evento del suo ritorno e
della incertezza della sua data.
In questo contesto si innesta la descrizione della venuta di Gesù come
giudice di tutti gli uomini: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire
sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli manderà gli angeli e
riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino
all’estremità del cielo”. Anche qui le immagini sono suggestive: viene
indicato come gli Angeli raccoglieranno tutti gli uomini da ogni parte
del mondo.
Da questo quadro trionfale Gesù passa ad una altra considerazione
relativa ad un avvenimento prossimo. E lo fa servendosi di una piccola
parabola. Egli sceglie come immagine il fico precursore dell’estate. In
Palestina il fico si spoglia delle sue foglie quando arriva l’inverno,
mentre la maggior parte delle altre piante le conservano. Quando il ramo
del fico si fa tenero e mette le foglie, si comprende che l’estate è
vicina. Gesù utilizza questa parabola per indicare un fatto che sarà
preceduto da segni, il cui avvicinarsi potrà essere conosciuto dagli
stessi discepoli. Tale fatto è la distruzione di Gerusalemme e del
tempio, che avverrà nel 70. A questo avvenimento si riferiscono le
parole di Gesù: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima
che tutte queste cose siano avvenute”.
Alla descrizione precisa circa detta distruzione si oppone un altro
avvenimento, quello della venuta di Gesù come giudice universale, la cui
data è un segreto assolutamente riservato al Padre. Quel giorno, noto
soltanto al Padre, sorgerà all’improvviso.
Al centro del discorso di Gesù c’è la sua solenne affermazione: “ Il
cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”; al centro
c’è l’affermazione che è testimoniata da tutto il Nuovo Testamento e che
fa parte della fede: il ritorno di Gesù come giudice, come colui che
raduna gli eletti.
Gesù è venuto nel mondo per amore, per salvarci, per redimerci dal
peccato. Per questo è morto e risorto. Verrà di nuovo; il tempo di
questo suo ritorno è sconosciuto. Una cosa, però, è certa: l’esito del
nostro incontro con Gesù che verrà dipende dall’atteggiamento che noi
assumiamo giorno per giorno davanti al Gesù che è venuto. Lo sguardo al
futuro è un richiamo al presente, alla storia. L’attesa è impegno: nella
fedeltà al messaggio di Gesù, al suo amore di Crocifisso si gioca il
nostro futuro, la salvezza o la dannazione eterna.
Gesù verrà in potenza e maestà; ma ciò non significa che la via della
potenza si sostituisca a quella della croce. La croce resta sempre al
centro della salvezza. Il trionfo sarà il trionfo dell’amore del
Crocifisso. E davanti all’amore di Gesù Crocifisso l’umanità deve
decidersi: è la croce di Cristo che divide gli uomini in salvati o persi
(cf 1 Cor 1,18).
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